Scatto dalla serie “OUT My WINDOW” di Gail Albert Halaban
"Anche se soli non dovremmo mai essere soli”
Scatto dalla serie “OUT My WINDOW” di Gail Albert Halaban
"Anche se soli non dovremmo mai essere soli”
Quanta verità in questa immagine, il progetto di Gail Albert sembra raccontare inconsapevolmente il nostro tempo attuale. Iniziato dieci anni fa a Manhattan, nelle notti rese insonni della sua bambina, il progetto si dipana attraverso immagini di ordinaria quotidianità filtrate da vetri di finestre che come occhi curiosi di conoscere, assorbono e riflettono momenti di vita.
La vita non sempre scorre in modo lineare e ci mette difronte a pericoli e imprevisti che non avevamo calcolato. Qualsiasi cambiamento genera inevitabilmente incertezza per il futuro. Ora, questo fenomeno sembrava lontano da noi, non ci interessava ed era lontano, a distanza di sicurezza, non aveva ancora toccato le nostre reazioni. E infatti è proprio alle nostre reazioni che dobbiamo prestare molta attenzione. Ci chiediamo in molti come affrontare questa situazione da ogni punto di vista. Non parlo di una questione di salute fisica, ma parlo del risvolto psicologico di tutta questa situazione.
Al di là del pericolo reale e delle indicazioni fornite dalle autorità competenti, esiste la nostra personale interpretazione dei fatti che ci porta spesso a sottovalutare o sopravvalutare il problema, due errori ugualmente pericolosi.
Questo è tipico dell’essere umano: quando si avverte qualcosa di cattivo, di pericoloso e minaccioso, si tende ad attribuirlo all’esterno e finiamo per dividere il mondo tra un NOI e un LORO. Questo ci rimanda l’illusione di una tutela dal sentirci vulnerabili e fragili. In questo mondo globalizzato, connesso, pronto a trovare soluzioni ad ogni problema, non possiamo accettare di trovarci, invece, a vivere in modo isolato.
Quando siamo esposti a qualcosa di nuovo che rappresenta una minaccia alla nostra incolumità fisica, la nostra reazione fisiologica è quella di attivare delle difese non sempre funzionali come quella della NEGAZIONE e minimizzazione del fenomeno o quelle relative ad una serie di risposte ansiose vissute come allarme in uno scenario esclusivamente drammatico. Da un punto di vista psicologico la negazione è un meccanismo di difesa infantile, immaturo. Chi adotta questa strategia tende ad ignorare tutto ciò che lo disturba, che lo impaurisce o che mette in discussione le proprie convinzioni e il proprio stile di vita.
Così come il super-ansioso che passa la maggior parte del suo tempo a recuperare notizie dalla televisione, dai giornali o dai social. Questo comportamento di sovraesposizione mediatica purtroppo attiva in lui uno stato di allarme psicologico permanente che produce una amplificazione del rischio percepito.
Il super-ansioso finisce per entrare in una spirale pericolosa fatta di ansia, pensieri negativi e panico che lo rende incapace di affrontare la situazione e lo porta ad adottare misure protettive esasperate se non addirittura dannose. Pensiamo ad esempio alle file nei supermercati dopo il discorso del Presidente del Consiglio che dichiarava l’intera Italia zona rossa. Con buone probabilità non avremo nessuna emergenza a livello di approvvigionamenti ma, quell’ammasso di persone avrà favorito la diffusione del virus.
Non è un pericoloso corto circuito con la realtà?
A questo punto, facilmente ma non senza sofferenza, si scivola nella “MODALITA’ SOPRAVVISSUTI” attivando difese non consone per affrontare ciò che sentiamo essere una minaccia inaffrontabile.
Sembra di essere arrivati nell’epicentro della paura ma...
La Paura deve essere accolta
in quanto è un’emozione legata all’intelligenza,
che in molte occasioni si può rivelare utilissima, e può addirittura salvarci aiutandoci a cercare una soluzione davanti ai pericoli.
La Paura è una emozione complessa che alcuni riescono a governare e altri no. Il fatto di non riuscire a governarla dipende da diversi fattori tra cui anche il tipo di formazione che si è ricevuta, dal senso di responsabilità personale, dai modelli che si sono trovati in famiglia e nella società.
Nella nostra società già in ansia, si funziona piuttosto che esistere e non possiamo contemplare di non essere funzionanti. Se qualcosa ci ferma e ci fa prendere consapevolezza della nostra fragilità e impotenza si risponde con quote patologiche di ansia: non abbiamo dimestichezza con il nostro esistere. Non possiamo calmarci perché la pretesa della sicurezza viene relegata totalmente all’esterno. Sempre più necessario quindi è sviluppare un “SENSO DI SICUREZZA INTERNO”, cioè entrare in quella finestra di tolleranza emotiva che ci permettere di tirare fuori le nostre competenze, queste rendono la vita degna di essere vissuta. Una di queste è l’empatia verso chi è nella nostra stessa condizione o meno, questa può farci sentire più efficaci in questo momento.
In questo momento, dove ognuno di noi è, seppur isolato, una persona in mezzo alle altre persone, l’antidoto alla paura e alla distanza può essere coltivare l’empatia, creare empatia per amplificare un con-tatto che non è fisico ma umano. L’umano fiorisce nel senso di appartenenza sociale, nel rispetto della nostra esistenza, nel rafforzamento dei legami non nella loro forma consumistica ma di valore. Possiamo restituirci la CURA che spesso non possiamo permetterci.
Non dobbiamo avere fretta di tornate freneticamente alle vecchie abitudini, scopriamo quanto di nascosto e mai trovato si cela nelle maglie larghe di questo tempo sospeso. L’impazienza è letale, possiamo sentire anche ora passione per la vita nonostante lo sconforto.
Come ha scritto Franco Arminio:
“E’ il momento di liberare in noi stessi la sensazione di essere fragili ma fortissimi”.
Dovremmo affidare la gestione di questo momento così critico ad una parte di noi adulta e responsabile che sia in grado di tutelare noi stessi e l’intera collettività nel migliore dei modi. Si tratta di una parte che dobbiamo aiutare ad emergere e che dovremmo far prevalere rispetto ad altre molto più attive e più facilmente a portata di mano.
Ognuno nella vita dovrebbe lavorare interiormente per poter crescere e diventare un adulto. Qualcuno ci riesce, molti non ci riescono affatto.
Nella poetica “Canzone dei vecchi amanti” Jacques Brel scrive nei suoi bellissimi versi “c’è voluto del talento per riuscire ad invecchiare senza diventare adulti”. Forse non è proprio così: è molto facile invecchiare senza diventare adulti, il vero talento è riuscire a farlo.
Oggi siamo costretti a crescere perché se non lo facessimo potrebbe essere una catastrofe.
Facciamolo insieme!!!!
Nel momento in cui si avverte un'eccessiva ansia, deflessione del tono dell'umore o forma di stress legata alla situazione di auto-isolamento è importante cercare un aiuto professionale. La figura di uno psicologo e/o psicoterapeuta può favorire una migliore gestione delle paure e al contempo a prendere le migliori decisioni per sé stessi e i propri cari.
È per questo motivo che ho attivato un servizio di consulenza psicologica via telefonica o on-line. Sarò disponibile attraverso un collegamento video, ad effettuare Consulenze in base alle richieste che perverranno.
Per prenotare la tua consulenza o ricevere informazioni chiamare il numero 3331760170 o un messaggio Whatsapp allo stesso numero.
Dott.ssa Rachele Marini Psicologa-Psicoterapeuta